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domenica 2 febbraio 2014

Un po' di cosette, ora non sto a dirvi

Qui siamo al flusso e al fruscio di coscienza, c’è poco da dire. Ormai il manicomio e l’internamento sono per me vicini. Vogliono addirittura ribattezzare il manicomio “maricomio” in mio onore: c’è da stè alegher.

Pettinare le bambole in doppia fila (e poi ascoltare Mozart) – Instructions pour l’use

Dopo le mirabili idee per far calare i prezzi delle assicurazioni (come dimenticare il catartico “Abbassati poolizza, abbassatiii polizzaaa”? Io sto cercando un modo per riuscirci), la televisione dovrebbe giustificare la sua esistenza con un consiglio per gli acquisti utile e doveroso: un vademecum per pettinare le bambole con la frangetta.

Non si smacchiano più giaguari (vacce te a provà, io ho già dato, par di sentir dire nelle retrovie), nemmen senza straaap. E soprattutto si accettano zimbelli (fantastici zimbelli, come quelli descritti e altrettanto fantasticamente delineati dagli Elio e le storie), zimbelli che aristocraticamente vengano lasciati ballare da soli senza manco invitarli alla festa delle medie, liberi però d’imbucarsi.

C’è anche l’alternativa biologica: ascoltare Mozart in doppia fila (ossia in piedi anziché da seduti). L’abbiamo fatto ieri io e un altro che ha preso la patente da qualche mese senza mai usarla, insomma uno del mio stesso club, nell’allegro teatro Baretti, dove svolgevasi today la maratona mozartiana, altrimenti detta “Mozart Nacht und Tag” (Mozart notte e giorno), che consta di due giorni di musiche mozartiane (e ciò è bene) suonate da dilettanti (e ciò è talvolta male).

Il secondo pianista che abbiamo ascoltato doveva avere una fame tremenda, quand’è salito sul palcoscenico, perché s’è magnato tante di quelle note e ne ha saltate così tante altre da mandarci ai matti. In compenso in sala c’erano delle 83enni che non capivano un cazzo (lo dico così, tanto perché è vero) che tra un brano massacrato e l’altro commentavano “Che meraviglia” e hanno ascoltato qualcosa ch’era tutto fuorché Mozart, perché ragazzi, non c’è santo, le note son quelle, e se ne suoni altre o salti quelle che sono sullo spartito stai suonando qualcos’altro, non Mozart. Il pianista, poveraccio, continuava a sbagliare fino alla fine, a volte sbarellando su passaggi che richiedevano una mano sola (errori che solo l’emozione può spiegare, perché altrimenti il mister non si sarebbe nemmeno presentato in scena, altro che eseguire una difficile sonata per intero).... (continua nel post successivo)

Mario Kraus